In questi giorni si parla ancora di scuola, ma non solo per banchi a rotelle, dad, mascherine e sciagurate quarantene.
Qui si parla della vera scuola, intesa come fondamentale e imperdibile occasione di educazione, cultura e formazione di un pensiero critico e libero.
La storia è semplice: una prof riprende un’alunna in minigonna perché ai prof (maschi, naturalmente) “cade l’occhio”.
Questa storia è, a mio avviso, becera per un numero imprecisato di motivazioni, tra cui:
- La frase incriminata l’ha pronunciata una donna
- Le donne, dalla memorabile Eva in poi, sono descritte come colpevoli di indurre in tentazione
- Gli uomini sono considerati alla stregua di cani di Pavlov che, per riflesso condizionato, sbavano al passare di una minigonna
- Solo gli uomini sembrano sensibili alla bellezza; nessuno pensa che anche alle professoresse potrebbe “cadere l’occhio”
- La scuola dovrebbe insegnare cultura e non stereotipi
Che messaggio può insinuare, nelle menti delle giovani donne e uomini che siedono sui banchi di scuola (con rotelle o senza), il pensiero che sottende a quella frase sciagurata della prof? Che società può nascere da questa cultura (o mancanza di)?
Può solo portare avanti una cultura patriarcale e sessista in cui la donna provoca, con l’abbigliamento, il comportamento o solo con l’essere donna, gli istinti più violenti e involuti dell’uomo che, sempre secondo questa triste visione del mondo, diventa vittima e può essere giustificato nei suoi comportamenti violenti (e non solo da gentaglia inqualificabile, ma anche da un giudice, stando agli ultimi avvenimenti).
Le donne sono ritenute tentatrici, lo abbiamo già detto.
Ma gli uomini? Gli uomini ne escono decisamente più avviliti: completamente privi di razionalità, rimbambiti da pelle scoperta e incapaci di tenere alto lo sguardo. Ai prof “cade l’occhio”, come se fosse “altro” da loro.
Io, sinceramente, di uomini così non ne conosco. Conosco uomini e donne che apprezzano la bellezza quando la vedono, ma che non sono manipolabili come la creatura di Frankenstein davanti alla musica di un violino.
Questo cliché trito e patetico da commedia sexy anni’ 70, con il prof che dalla cattedra sbircia arrapato le cosce dell’alunna presumibilmente di 17-18 anni, ci ha davvero annoiato.
Secondo questa logica il ladro è, non dico autorizzato, ma giustificato nel suo furto se mi vede il Rolex al polso.
E poi perché parliamo solo di desiderio maschile? A nessuno verrebbe in mente di accusare il mio vicino di casa di avermi provocato innaffiando a torso nudo i gerani, se io in ascensore gli dessi un pizzicotto sul sedere.
Eppure vi sveliamo un segreto: anche a noi donne ogni tanto cade l’occhio. Sul bicipite del collega, sull’addominale del bagnino, sulla bocca del barman o sulla scollatura della ragazza di fronte a noi in metropolitana.
Ma sicuramente non ci sogneremo di chiedere a nessuno di coprirsi perché non riusciamo a tenere a bada il nostro sguardo.
Ed è ancora un’altra la riflessione che arriva subito spontanea: noi Burlesque performer ci spogliamo sul palco, quindi sempre secondo questa morale inaccettabile, quanto stiamo provocando ad andare ben oltre uno sguardo?
Noi desideriamo profondamente che la scuola possa davvero aprire una finestra su un pensiero più rispettoso verso ogni persona; questo modo di pensare però mortifica uomini e donne.
Ed è dentro di noi che deve avvenire il cambiamento più profondo, la rivoluzione più complessa, la messa in gioco più importante: il ribaltare lo stereotipo che è davvero tossico per tutti, che è una gabbia sempre troppo stretta in cui tutti perdono; riconoscerlo dentro di noi e combatterlo.